La politica antiebraica della repubblica sociale italiana
Il 23 settembre 1943 Mussolini formò il nuovo Stato fascista repubblicano (Repubblica sociale italiana, RSI), che considerò nulli gli accordi del governo Badoglio e riprese la guerra a fianco della Germania nazista. La politica antiebraica era un fondamento del nuovo manifesto programmatico del Partito repubblicano fascista, la : al punto 7 si stabilì che “gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”.
Il 30 novembre 1943 il Ministero dell’Interno, con l’ordinanza n. 5, dispose l, il loro internamento in campi, il (trasformato in confisca con il decreto del 4 gennaio 1944). L’ordine di polizia fu applicato immediatamente da questori e prefetti (capi delle province), che incaricarono reparti di polizia ordinaria o carabinieri di procedere all’arresto degli ebrei. Fra il 5 e il 6 dicembre, per ordine del questore, a Venezia furono circa 150 gli ebrei arrestati, tra questi anche gli anziani della casa di riposo. Altri arresti singoli o collettivi avvennero in tutto il territorio della RSI.
Nello stesso tempo si ebbe un’; l’ebreo era indicato come “nemico numero 1” o come “nemico più pericoloso delle forze esterne”.
Con lo scioglimento delle comunità ebraiche, deciso il 28 gennaio 1944, furono sequestrati preziosi arredi sacri e ricche biblioteche.