L’applicazione delle leggi
L’applicazione delle leggi fu capillare grazie anche alla meticolosità con cui un’intera catena burocratica si impegnò per rispondere alle circolari con prontezza, per schedare e informare. Spesso non vi fu solo pedissequa obbedienza a ordini superiori, ma anche zelo personale aggiuntivo.
Gli ebrei vennero allontanati da pubblici e privati: l’esercito, gli impieghi statali, gran parte dei posti di lavoro privati, il partito fascista e le sue organizzazioni, le associazioni culturali e per il tempo libero. Si volle cancellare la loro presenza nella vita nazionale, e in ogni sua manifestazione: non dovevano più essere pubblicati e diffusi i loro libri, rappresentate le loro opere teatrali, suonate le loro musiche, proiettati i loro film; i nomi delle strade a loro intitolate andavano cambiati.
Il fra ebrei e non ebrei costituì la più profonda violazione di una integrazione che passava attraverso i vincoli familiari, ma i divieti relativi alle occasioni di incontro arrivarono fino a proibire partite comuni sui campi da tennis. Gli ebrei dovevano poter essere individuati come tali e la dicitura comparve su quasi tutti i documenti dagli atti di nascita alle pagelle, ai libretti di lavoro. I passaporti non riportarono tale dicitura allo scopo di favorire l’emigrazione.