Gli ebrei in Italia dal 1938 al 1943

La promulgazione e l’applicazione della legislazione antisemita furono accolte dalla maggioranza degli italiani con indifferenza e acquiescenza, favorite da più di un decennio di regime dittatoriale e dal fatto che pochi fra i non ebrei furono direttamente colpiti negli affetti e nelle abitudini.

Alcuni le in pubblico o in privato. Gli effetti della legislazione antiebraica furono però concretamente evidenti anche nel . Tanti voltarono le spalle ad amici e colleghi; altri cercarono di approfittare della situazione sfruttando le opportunità che i licenziamenti e i divieti creavano. Non fu soltanto l’accaparramento di un posto di lavoro o la denuncia di un collega poco amato, ma spesso un impegno attivo a sostenere e diffondere le nuove parole d’ordine del regime, soprattutto nelle scuole e nelle università. In molte città i negozi esposero scritte antisemite; gli atti di violenza rimasero isolati.

La e la Chiesa cattolica non presero mai posizione contro l’insieme della legislazione antiebraica italiana, limitandosi a intervenire in difesa dei matrimoni misti. Un peso non trascurabile ebbe in questo l’antico retaggio dell’antigiudaismo cattolico e, se il razzismo biologico nazista era condannato, non si ritenne necessario prendere posizione contro la restrizione dei diritti degli ebrei. In Italia pochi fra i non ebrei colsero la gravità di quanto stava accadendo; fu più facile dall’estero per gli stigmatizzare la svolta antiebraica del regime.