Il soccorso
Numerosi perseguitati, pur essendo essi stessi in pericolo, aiutarono altri ebrei. La , Delegazione per l’Assistenza agli Emigranti, diretta da Lelio Vittorio Valobra (e, dopo il suo passaggio in Svizzera, da Massimo Teglio e altri) organizzò anche l’afflusso di fondi per il pagamento di documenti falsi, dei generi di prima necessità e il reperimento dei nascondigli.
La Delasem chiese aiuto alla , che aveva a disposizione una rete strutturata di persone disposte al soccorso e di ricoveri sicuri nei conventi e nelle case religiose. Sono da ricordare per il loro intervento gli arcivescovi di Genova, Firenze e Torino che incaricarono uomini di loro fiducia. Tra i tanti impegnati in questa opera di salvezza vi furono don Francesco Repetto, don Vincenzo Barale, l’avvocato Giuseppe Sala, don Leto Casini, il padre cappuccino Benoît Marie, don Raimondo Viale, don Arturo Paoli.
In alcuni casi la Delasem riuscì anche a costruire una rete di soccorso con alcune formazioni partigiane e, nel 1945, con la delegazione in Svizzera del .
Inoltre, molti italiani non ebrei ai perseguitati consci che tali azioni comportavano rischi gravi per loro stessi e le proprie famiglie. Essi erano membri della società civile, come medici, impiegati comunali, contadini, ma anche contrabbandieri. Di particolare rilievo l’aiuto prestato ai ragazzi di .